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DI LETTURA

I rifiuti prodotti dalle attività agricole e connesse

Irrilevanza della categoria catastale del fabbricato – Ai fini della soggettività passiva della Tassa rifiuti, è bene chiarire che a differenza dell’IMU, a nulla rileva il requisito della ruralità nell’accatastamento. Secondo il principio della Legge n. 147/2013, art. 1, comma 642, sono soggetti passivi tutti coloro che detengono od utilizzano locali od aree a qualsiasi uso adibiti suscettibili di produrre rifiuti. Quello a cui fare riferimento per l’assoggettamento alla TARI è la tipologia di attività svolta non l’accatastamento.

I rifiuti prodotti dalle attività agricole e connesse – Per quanto concerne i rifiuti prodotti dalle attività agricole, l’articolo 184, al comma 3, lettera a), del D.Lgs. 152/2006 così come modificato dall’art. 1, comma 10 del D.Lgs. n. 116/2020, qualifica come rifiuti speciali «i rifiuti prodotti nell’ambito delle attività agricole, agro-industriali e della silvicoltura, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 2135 del Codice civile, e della pesca». Questa qualificazione dei rifiuti agricoli viene ribadita negli allegati L-quater ed L-quinquies, del suddetto decreto, i quali precisano che «rimangono esclusi i rifiuti derivanti da attività agricole e connesse». Come possiamo notare, la norma dispone che anche le attività “connesse” producono rifiuti speciali, quindi, anche gli agriturismi rientrano fra i produttori di tale tipologia di rifiuto.

Da questo quadro normativo, emerge che le attività agricole e connesse danno luogo alla produzione di rifiuti speciali, sottraendosi quindi al pagamento della TARI, il cui presupposto, ripetiamo, è la suscettibilità a produrre rifiuti urbani. Conseguentemente diviene obbligatorio per i produttori organizzarsi per gestire i propri rifiuti al di fuori del servizio pubblico. 

Possibilità di adesione al servizio pubblico – Con Circolare del 12 aprile 2021 il Ministero della Transizione Ecologica – MITE, evidentemente conscio dei problemi che la nuova normativa ha creato, chiarisce alcune questioni relative allo smaltimento dei rifiuti agricoli non pericolosi prodotti dalle imprese che svolgono attività agricole e connesse. 

La circolare evidenzia che, fermo restando che i rifiuti agricoli sono sempre rifiuti speciali in linea con la Direttiva europea 2008/98/CE (modificata dalla Direttiva 2018/851), alle attività relative alla produzione agricola che presentano le medesime caratteristiche dell’allegato L-quinquies viene data “la possibilità, in ogni caso, di concordare a titolo volontario con il servizio pubblico di raccolta modalità di adesione al servizio stesso per le tipologie di rifiuti indicati nell’allegato L-quater, rifiuti urbani.”

La circolare evidenzia inoltre che “in considerazione della modifica normativa intervenuta, che ha comportato per tali utenze, la possibile riqualificazione di alcune tipologie di rifiuti derivanti dalla propria attività, nonché della necessità di garantire la corretta gestione dei rifiuti, [..] che, nelle more dell’aggiornamento del rapporto contrattuale tra le utenze indicate ed il gestore del servizio pubblico, debba essere comunque assicurato il mantenimento del servizio.”

Pertanto, assodato che i rifiuti derivanti da attività agricola sono in ogni caso rifiuti speciali, in qualsiasi locale prodotti, anche nei depositi, il Ministero indica una via d’uscita proponendo la possibilità di stipulare una convenzione fra l’impresa agricola ed il Comune, per la raccolta e lo smaltimento di quei rifiuti che hanno le caratteristiche di quelli previsti nell’elenco di cui all’allegato L-quater, rifiuti urbani.

In caso contrario i produttori non potranno usufruire del servizio pubblico ma dovranno provvedere in proprio allo smaltimento incaricando ditte specializzate.

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